domenica 8 giugno 2014

Makkè kemioterapia! Per sconfiggere il cancro basta saper cogliere il tarassaco!

Alcuni giorni fa avevo messo la sedia a sdraio davanti alla porta di casa, nell’intento di leggere un libro mentre tentavo di abbronzarmi un po’.
Era una bella giornata ma qui al colle c’era il vento forte e le nubi correvano veloci nel cielo. 
Si fermavano solo quando arrivavano davanti al sole, forse per riprendere fiato, e lì sostavano a lungo non curandosi affatto se per causa loro un freddo intenso, quasi da autunno, mi costringeva a rientrare in casa.
Ma non si può stare chiusi in casa i primi di giugno, neppure quando la casa sta a milletrecento metri di altezza, allora ho messo il libro in borsa, ho chiamato Spiffi il cane e  insieme siamo scesi al fiume.
Lì era di nuovo primavera. Mi sono sdraiata al sole, sui sassi vicino alla cascata che forma una specie di minuscolo laghetto e mentre Spiffi il temerario faceva il bagno nell’acqua gelida, ho lasciato che lo sguardo scorresse intorno.
I prati che un tempo erano pascoli adesso hanno l’erba alta e tra l’erba ci sono grandi macchie gialle e viola intervallate da puntolini azzurri chiaro. Sono i fiori di quassù, di cui non conosco il nome e ogni volta me ne dolgo e mi riprometto di andare su internet per imparare a riconoscerli ma poi me ne dimentico sempre.
Comunque ci son dei fiori fucsia che sembrano scovolini e altri giallo chiaro, a cinque petali che non amano star soli e si ammassano in sei o sette tutti sullo stesso gambo e poi i più belli, d’un viola scuro, quasi cupo, che somigliano a gigli in miniatura ma tengono il capo chino come le campanelle, e ogni tanto l’azzurro di qualche raro "non ti scordar di me".
Guardando i prati mi sono accorta che non c’era quasi più il tarassaco.
Fino a venti giorni fa quei fiori gialli che da piccolina chiamavo i "piscia a letto", e stavo ben attenta a non toccarli, convinta che bastasse sfiorarne anche soltanto uno per ritrovarmi con le mutandine bagnate e una pozza gialla in mezzo ai piedi, invadevano i prati e adesso sono svaniti come per incanto. 
O forse si son trasformati in soffioni, quelle palle di semini bianchi che se ci soffi sopra volano via e resta solo il gambo vuoto, ma le mie conoscenze di botanica sono scarsissime, per non dire nulle e come sempre mi son scordata di andare su Internet a verificare se sia vero o no che i piscialletto si trasformino in soffione.
Quello che so per certo è che i petali dei piscialletto, anche se adesso li chiamo tarassaco, son ottimi per fare i ravioli e proprio per questo io, fino a venti giorni fa, ne ho raccolti una gran quantità.
Quando si raccoglie il tarassaco si deve fare attenzione.
O meglio, se si è sani non importa, magari conviene dare un occhio che non ci sia un’ape appollaiata tra i petali  pronta a pungerci o una vipera intenta a prendere il sole proprio lì vicino, ma altri riguardi non sono necessari.
Ben diverso invece se si è stati malati di cancro e si teme una recidiva.
Nel qual caso quando si raccoglie il tarassaco bisogna stare molto attenti a non distruggerne intere famiglie: se vi trovate davanti a una chiazza gialla di fiori potrete cogliere solamente quelli un po’ distaccati dagli altri e ricordatevi di lasciare sempre un fiore adulto accanto a un fiorellino
giovane e sappiate che da ogni gruppo ne potrete estirpare soltanto pochissimi, cercando di scegliere quelli che vi sembrano stanchi di vivere e che quindi vi saranno grati per la vostra caritatevole eutanasia, dopo di che dovrete passare alla successiva chiazza gialla.

Facendo questo eviterete il rischio di ricaduta nel cancro, ve lo garantisco io, che sono anni che faccio così ed i miei controlli semestrali sono andati tutti bene.
Circa un mese fa, ad esempio, dovevo andare in ospedale per i controlli e avevo una gran paura.
Io non ho paura di morire, non penso mai alla mia morte, neanche quando ero malata e le dormivo accanto, ho paura della morte dei miei cari, non della mia. 
E poi io sono un po’ scema e mi scordo tutto, anche di essere stata molto malata. 
Me ne ricordo solo una ventina di giorni prima della visita di controllo, perché all’improvviso smetto di dormire e quando provo ad addormentarmi non scivolo nel sonno ma precipito, mi sembra di cadere nel vuoto e mi prende un forte senso di vertigine che mi tiene sveglia, allora di notte faccio i giochini al computer e di giorno sto col malumore e non sopporto neppure le persone care che mi stanno intorno. 
È così che capisco che si sta avvicinando la data dei controlli, perché  è vero che non ho paura della mia morte ma temo fortemente di essere tagliata a pezzi, di sentirmi dire che il tumore è entrato nelle mia ossa e mi debbano tagliare una gamba, ad esempio, oppure di dovere rifare la chemioterapia.
Credo che sia per quella paura che nei venti giorni che precedono la visita in ospedale salta fuori il medioevo della mia anima e prego e rispetto il grande piscialletto che sta nei prati perché temo le sue rappresaglie e si sa che le rappresaglie dei potenti e degli Dei sono pericolose assai.

Per placare l’ira dell’onnipotente tarassaco un metodo c’è. 
Se si vuole, ad esempio, che al momento di ritirare le analisi del sangue la signora Carla del laboratorio di analisi vicino a casa , fregandosene della privacy, sventoli il foglietto coi risultati in faccia a Fabrizio e gli gridi sorridendo: Dì alla bimba (che nonostante i miei cinquantasette anni sarei poi io) che  i marcatori tumorali sono tutti a posto!”, basta seguire alcune semplici regole:
Regola numero uno:
Attenti a cogliere il tarassaco, evitare di distruggere le famiglie e non separare le mamme tarassaco grandi  dai loro piccoli.
Regola numero due:
Quando si lavano le posate riordinarle a gruppi ben distinti, le forchette e i cucchiai da minestra in un cestello, i cucchiaini piccoli e i coltelli in un altro. Mai mescolarli o scambiarli di posto.
Regola numero tre:
Quando si gioca sul PC a trovare gli oggetti nascosti procedere con ordine, seguendo l’elenco: se devi trovare un  teschio, un cane e un accendino non è che puoi cliccare sull’accendino senza  prima aver trovato il cane.
Regola numero quattro:
Ogni cosa che lasci nel piatto deve essere assolutamente in numero pari, se stai mangiando  le penne al pomodoro e non ti va di finirle ad esempio, non è che puoi lasciarne tre o sette, ma solamente due, quattro o sei. La regola vale  per tutti i tipi di pasta, compreso gli spaghetti, anche se con quelli si fa più complicata.
Regola numero cinque:
Mentre sei in ospedale in attesa che ti chiamino per la visita devi giocare a ‘Millionaire’, è assolutamente vietato leggere libri e tantomeno i giornali, questa regola vale anche per gli eventuali accompagnatori.
Son regole facili da seguire e vi assicuro che salvano dalla ricaduta nella malattia e sono molto più serie e scientificamente provate di qualunque cura a base di bicarbonato e limone e delle diete rigorosamente alcaline. Ve lo garantisco io, che ormai sono al quarto anno dalla malattia e anche stavolta i controlli mi hanno assicurato che il cancro, almeno per ora, s’è scordato di me.

Per questo l’altro giorno, sdraiata al sole, mentre guardavo i prati e Spiffi fare il bagno, ringraziavo il grande Dio invisibile, che forse è un piscialletto gigante, per avermi anche stavolta data salva la vita, anzi no, per avermi risparmiato di dover fare un altro ciclo di chemioterapia.
Perché io non ho paura di morire. Ma di essere tagliata a pezzi o di dover fare di nuovo la chemio ho invece un grande timore.
Soprattutto di dover rifare la chemioterapia.
Perché la chemio puzza di morte.
Ne parlavo giorni fa con una cara amica che per fortuna proprio ieri ha fatto l’ultima seduta e anche lei, come me, ha provato la stessa sensazione.
Quando fai la chemio ti pare di essere marcia dentro e ti senti sempre addosso e soprattutto in bocca l’odore della morte.
Di solito non do troppo peso alle malattie e reggo abbastanza bene il dolore.
Quando devo fare i miei mensili lavaggi del Port e mi infilano un ago enorme da flebo nella vena del collo, mi capita spesso che le infermiere mi utilizzino come cavia per insegnare a qualche tirocinante come è che si fa. “Tanto la signora non brontola” dicono rivolgendomi un sorriso; e io sto lì, buona buona a farmi fare anche cinque o sei buchi affinché imparino a beccare il punto giusto della valvolina che continuo a portarmi addosso e quando l’allieva di turno si scusa imbarazzata per la sua inesperienza rispondo anch’io con un sorriso, ”non ti preoccupare bella, i dolori son ben altri”.
E sì, i dolori son ben altri e quelli della chemio, almeno di quella che ho fatto io , erano abbastanza devastanti.
Quando finivano i dolori alle gambe, a tutte le mucose, ai denti, allo stomaco e agli occhi, perché improvvisamente mi calavano le palpebre e non riuscivo più ad aprirli e anche se provavo a riderci su, facendo finta d’essere una tossica, non era una cosa tanto facile da sopportare. E poi le unghie che si sgretolavano e niente ciglia, né peli, né capelli e tanto altro ancora, ecco, quando dopo un paio di settimane dall’infusione riuscivo a stare un po’ meglio iniziava lo schifo, il senso di putrefazione ed il sapore di carogna in bocca .
È per quello che quando si avvicinano i controlli do via libera a tutto il mio repertorio di rituali in bilico tra il medioevo oggi e la New Age più demenziale e  farei di tutto per non dovermi risottoporre alla chemio.
Quella stessa chemio che  adesso, scampato il pericolo e rimesso a tacere il medioevo della mia anima, ancor più della curcuma, del grande tarassaco, dell’aloe e miele e del bicarbonato al limone,  in cuor mio ringrazio  per avermi davvero reso salva la vita.

PS.
Un consiglio, perché quando non sapete che fare e vi sollazzate postando articoli privi di qualunque base scientifica sul cancro che guarisce da solo, o sul bicarbonato che cura i tumori senza chiedervi quanto male rischiate  di fare a chi la malattia la sta affrontando sulla propria pelle, perché proprio in quel momento lì, col ditino pronto a fare "clic" non ci ripensate un attimo e non pubblicate, ad esempio, delle belle immagini di fawe™ o culi che non fanno male a nessuno, e semmai  gratificano gli occhi e risollevano lo spirito?